Non trasmetteremo i Colloqui di Martina Franca in streaming. Non useremo zoom, hangout, skype. Non faremo dirette su Facebook. Ogni anno, durante le prime riunioni di organizzazione, quando facciamo la verifica di cosa è andato bene o male dell’edizione trascorsa, qualcuno propone lo streaming. Ogni anno affrontiamo l’argomento, e ogni anno alla fine decidiamo di lasciar perdere. I Colloqui di Martina Franca sono molto più della scaletta degli interventi, delle relazioni e delle slide. È un modo di stare insieme, di condividere uno spazio e un tempo, di relazionarsi. Come si fa a riprendere il momento in cui una battuta cambia radicalmente l’andamento della relazione? Dove piazzare la videocamera per riprendere i capannelli che si formano mentre si beve il caffè?

Non è possibile ridurre l’esperienza umana, nella sua complessità, ad una sequenza di esposizioni e didomande, perché non siamo semplici ipertesti. Siamo umani, appunto, e i Colloqui di Martina Franca sono organizzati proprio per dare importanza e sostanza agli interstizi, per dare valore a quello che è fuori dal programma, inaspettato.

La tecnologia aumenta le nostre possibilità e i nostri corpi sembrano non avere limiti, o confini, ma ancora, per quanto sofisticata, non permette di partecipare alle cose umane. Una webcam non permette di condividere l’odore del mattino, o quel senso di stanchezza e felicità che si prova alla fine dei lavori. E non si può partecipare al fishbowl, quando i relatori sono bombardati di domande e se le fanno anche tra loro. Una webcam non può, perché riduce a due dimensioni un’esperienza che ne ha molte, infinite, tanti quanti sono i punti di vista di chi partecipa.

Ecco la nostra risposta a chi ci chiede di trasmettere in streaming: lo faremo, quando la tecnologia sarà in grado di riprodurre la bellezza di stare insieme.

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