Pubblichiamo integralmente l’introduzione di Vito Albino all’evento “Surfare la complessità” tenutosi il 17 aprile scorso presso il DigiLab, a Bari, alla presenza del rettore dell’Università di Udine Alberto De Toni.

Buona lettura!

Premessa

Il tema della complessità va sempre affrontato con molta prudenza. Volendo comunque tentare un’esplorazione del concetto nel campo imprenditoriale e manageriale finalizzata a comprendere il contesto in cui si vive e come questo potrebbe essere meglio affrontato, si accetterà il rischio di un linguaggio che spesso andrà inteso in termini esclusivamente metaforici. La complessità è spesso percepita come una caratteristica del contesto in cui l’azione individuale o collettiva si esprime. In tal senso, essa richiede uno sforzo finalizzato da un lato a comprenderla, spesso attraverso semplificazioni, dall’altro a contrastarla con azioni e risorse adeguate. In generale, la complessità richiede un dispendio di energia e attenzione da parte degli individui e quindi acquisisce una connotazione negativa, richiama uno stato di perdita di controllo da cui rifuggire e a cui si associa l’idea di caos. Nell’azione imprenditoriale ciò è ancora più presente in quanto alimentato dalla natura e dalle dinamiche della tecnologia, dei mercati, degli individui. In questa breve nota, si suggerisce un’interpretazione positiva della complessità, si richiama un principio della cibernetica utile ad indicare una strategia per affrontare la complessità e si propongono semplici regole per le imprese finalizzate a non soccombere alla complessità, ma ad utilizzarla come forza propulsiva della propria azione.

Complessità come forza generatrice di cambiamento

La complessità si colloca come forma intermedia tra il caos e l’ordine. Tale stato intermedio può essere considerato come una condizione generatrice di cambiamento e di vita. Quest’idea, in modo intuitivo, appare già nella mitologia di differenti culture antiche. Infatti, le prime forme di cosmogonia sono emerse in un contesto mitologico-religioso. A differenza delle religioni rivelate come l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, che attribuiscono la nascita del cosmo all’azione creatrice di un Dio supremo, in alcune culture arcaiche era diffusa invece la convinzione che dal caos primigenio si fosse creato l’ordine. Per esempio, nella mitologia ugaritica come in quella babilonese è lo scontro tra due forze/divinità, una di natura liquida e caotica e l’altra solida e ordinatrice, che danno forma alla vita e al cosmo con il prevalere della seconda. Con riferimento ai miti greci, Esiodo, nella sua Teogonia, fa generare il cosmo, gli dei e gli uomini dal caos. Successivamente, l’evoluzione del pensiero mitologico e cosmogonico in Grecia trova forma nelle prime costruzioni filosofiche. Per Anassagora come per Platone il “caos” è il luogo della materia informe e primordiale a cui attinge un principio superiore, il “Nous” per Anassagora e il “Demiurgo” per Platone, per la formazione del mondo ordinato.

Anassagora considera le particelle elementari di ogni cosa ed essere come semi e introduce una forza che ne determina il movimento e l’ordine, ed imprime loro l’energia necessaria alla trasformazione. Questa forza è un’intelligenza divina, il Nous, che governa i semi ed è separato dalla materia. Essa muove ed ordina i semi secondo un disegno razionale. Tutte le trasformazioni, tutti i fenomeni naturali sono governati e finalizzati da questa intelligenza cosmica che determina l’armonia e la bellezza della natura. Il divenire cosmico presuppone una fase precosmica in cui i semi, non ancora mossi e disciplinati dall’intelletto, formano un miscuglio, ossia un caos originario: in esso i semi si trovano in una condizione di confusione e di indistinzione. Grazie all’azione intelligente del Nous, si passa dalla fase precosmica a quella cosmica, tanto che Anassagora afferma “insieme erano tutte le cose e l’intelletto le separò e le pose in ordine”. Il Nous è quindi la vera causa del mondo e del divenire cosmico. Il Demiurgo di Platone è invece una figura filosofica e al tempo stesso mitologica, è un artefice divino dotato di capacità creatrice e generatrice. La figura del Demiurgo, senza il quale nulla può essere generato, non è propriamente un dio generatore come quello cristiano, ma piuttosto ordinatore: egli dà forma e vita a una materia informe e ingenerata che preesiste a lui. Il Demiurgo è nel mito platonico una forza ordinatrice, che vivifica la materia, dandole una forma, un ordine, e soprattutto un’anima. In epoca più recente, il rapporto tra ordine e caos ha assunto formulazioni concettuali ovviamente molto più raffinate. Le scienze hanno elaborato differenti approcci allo studio del meccanismo di creazione di strutture ordinate a partire da stati di caos. In particolare, il concetto di “orlo del caos” (edge of chaos) ben rappresenta il meccanismo di transizione di fase di un sistema da uno stato di ordine ad uno di disordine e viceversa. Nella transizione verso il caos, si distruggono le strutture di ordine, mentre nella transizione opposta si formano nuove strutture. Tale concetto è particolarmente importante per comprendere le forme di adattamento di un sistema al cambiamento di condizioni di contesto. A distanza di duemila anni non si può restare insensibili al fascino delle idee di Anassagora e di Platone quali suggestioni ispiratrici di una comprensione più profonda del reale. Si può quindi concludere che la complessità che caratterizza la realtà possa essere associata al continuo interagire tra ordine e caos, tra ciò che ha forma e ciò che non ha forma, ciò che si riesce a comprendere (intelligere) e ciò che non si riesce a comprendere. È comunque evidente che così intesa essa assume anche il ruolo di forza generatrice di cambiamento da assecondare, se non da cercare, per evolvere.

Governare la complessità

La complessità appare anche come percezione di ciò che non si riesce a governare. In tale prospettiva essa richiama il concetto di varietà necessaria, presente nella legge fondamentale della cibernetica e nota anche come legge di Ashby. Ross Ashby (1903-1972) è uno psichiatra inglese pioniere della cibernetica, termine derivante dal greco kybernetes (timoniere di nave). Essa indica la scienza del controllo dei sistemi applicata a macchine e sistemi viventi. Autore del famoso libro “An Introduction to Cybernetics”, ha influenzato il pensiero di tutti i grandi scienziati che si sono interessati di complessità: Herbert Simon, Norbert Wiener, Ludwig von Bertalanffy, Stafford Beer, Stanley Milgram, e Stuart Kauffman. Nel libro, Ashby esamina lungamente il concetto di omeostasi e di processi omeostatici, in particolare nei sistemi viventi. L’omeostasi è la tendenza di un sistema composto da molti componenti interdipendenti a permanere in uno stato di equilibrio. La legge della Varietà Necessaria stabilisce che “variety absorbs variety, defines the minimum number of states necessary for a controller to control a system of a given number of states”.

Per varietà o diversità di un sistema s’intende il numero di stati che esso può assumere. Gli stati sono le differenti configurazioni o i differenti comportamenti di un sistema. La legge di Ashby mette in relazione la complessità (varietà, diversità) di un sistema (di qualsiasi natura esso sia) con la complessità (varietà, diversità) del sistema di controllo che deve gestirlo. Più precisamente la legge sostiene che se un sistema di controllo vuole controllare un secondo sistema, allora deve poter mostrare una “varietà” uguale o superiore a quella del secondo sistema. In sintesi, si potrà gestire o controllare un sistema solo se si dispone di una varietà di comportamenti uguale o superiore. Per esempio, una lampadina elettrica ha tre possibili stati (accesa, spenta, guasta). Se devo controllare lo stato della lampadina, devo poter riconoscere almeno i suddetti stati. Se fossi in grado di riconoscere solo due stati, ad esempio accesa e spenta, non sarei in grado di controllarla.

Cosa suggerire a imprenditori e manager

In conclusione, evocando possibili e semplici direttrici di pensiero strategico per imprenditori e manager per affrontare la complessità, si suggerisce di 1) comprendere la complessità; 2) ridurre la complessità da gestire; 3) ottimizzare la gestione della complessità residua; 4) aumentare la capacità del decisore di governare la complessità anche, per esempio, con l’aiuto di sistemi basati su intelligenza artificiale. In generale, con riferimento al tema “Semplinnovare” dei prossimi Colloqui di Martina Franca, si può affermare che gli individui sono sempre più esposti ad un continuo cambiamento del contesto in cui operano. La complessità crescente che ne deriva richiede capacità di adattamento, ma al tempo stesso, non essendo spesso in grado di adattarsi rapidamente, anche resilienza. Ciò è vero per gli individui come per le organizzazioni. Adattamento e resilienza sono strategie di sopravvivenza. L’adattamento negli individui come nei sistemi sociali è spesso semplice e lento. La resilienza resta pertanto un importante caratteristica su cui vale la pena riflettere.

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